Multa presa con l'auto aziendale: si può licenziare un dipendente?
Se il dipendente prende una multa, con l’auto aziendale, l'azienda viene esposta ad una serie di conseguenze negative.
Innanzitutto la violazione del Codice della Strada comporta una sanzione amministrativa pecuniaria e, pertanto, occorre stabilire chi deve pagare la somma di denaro indicata nel verbale di accertamento.
Inoltre vi sono dei casi in cui l'illecito stradale è così grave da legittimare il licenziamento del lavoratore o della lavoratrice.
Qui di seguito ti spieghiamo cosa può accadere in concreto.
La concessione in uso di veicoli aziendali ai dipendenti e/o collaboratori è un fenomeno molto diffuso.
Il veicolo può essere usato dal dipendente:
1) esclusivamente nell’ambito dell'attività lavorativa;
2) sia per le finalità aziendali ma anche per quelle private (cosiddetto uso promiscuo).
In questo secondo caso il dipendente può guidare l'auto anche per motivi personali e, dunque, al di fuori dell’orario o dei giorni di lavoro.
Per il dipendente si tratta di una notevole facilitazione economica, che gli consente di non farsi carico delle spese di gestione e mantenimento di un’auto, al netto dei costi per il rifornimento.
La multa presa con l’auto aziendale viene inviata dall’organo accertatore al titolare dell’autoveicolo, presso quindi la sede del datore di lavoro (sia questi un imprenditore individuale o una società).
In caso di multa, con applicazione di una sanzione pecuniaria, la legge riconosce il principio della responsabilità solidale della persona giuridica se l’illecito amministrativo viene commesso da un collaboratore o dipendente nell’esercizio dell’attività svolta per conto dell’azienda.
La sanzione pecuniaria grava in solido sia sul datore di lavoro che sul dipendente.
Questo significa che, in caso di mancato versamento dell’importo, l'amministrazione può chiedere il pagamento tanto all’uno quanto all’altro.
Si esiste questa possibilità, ma l’infrazione commessa dal dipendente deve essere particolarmente pericolosa e grave.
Per fare un esempio, una multa per divieto di sosta non rientra in questa casistica.
La guida contromano in autostrada certamente sì.
Un comportamento di questo tipo mette infatti in discussione il vincolo fiduciario tra il datore di lavoro e il dipendente.
In un recente caso realmente avvenuto, un dipendente, mentre era alla guida dell’auto aziendale, si era immesso su un viadotto contromano, con il rischio di procurare un incidente.
Il dipendente aveva cercato di giustificare la violazione adducendo non ben definite «ragioni di servizio», giungendo anche a intimidire gli agenti.
Secondo la Corte di Cassazione in questo caso il licenziamento è legittimo (vedi sentenza n. 9304/2021, ove si precisa che "il giudice può procedere ad un giudizio sulla gravità della condotta del lavoratore, nonché sulla proporzionalità della sanzione irrogata, e riconoscere quindi la sussistenza di una giusta causa di licenziamento, anche qualora i fatti contestati non rientrino nelle fattispecie di giusta causa tipizzate dal CCNL di riferimento”).
Per stabilire se il licenziamento per giusta causa è legittimo, o meno, il giudice può prendere in considerazione il comportamento del dipendente anche alla stregua delle prescrizioni imposte dalle norme della comune etica o del vivere civile.
Il giudice che valuta il comportamento del dipendente ha comunque un limite: non può considerare esistente una giusta causa di recesso se per il comportamento, posto alla base del licenziamento, il contratto collettivo nazionale (il cosiddetto CCNL) prevede una sanzione conservativa.
Le sanzioni disciplinari conservative possono consistere in provvedimenti differenti: l’ammonizione scritta, la multa per massimo 4 ore lavorative e la sospensione per un massimo di 10 giorni.
Nessuna di queste sanzioni determina la cessazione del rapporto lavorativo.