Spettacoli e feste in piazza: il Comune deve risarcire i cittadini per il disturbo acustico?
In questo periodo di fine estate, le piazze delle città e dei paesi si riempiono di eventi, sagre e manifestazioni.
Tuttavia, il crescente numero di spettacoli all’aperto solleva una questione cruciale: fino a che punto il Comune può organizzare eventi rumorosi senza violare il diritto alla quiete dei cittadini?
L'inquinamento acustico è definito come qualsiasi suono che, diffondendosi nell'ambiente abitativo o esterno, provoca fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, o addirittura rappresenta un rischio per la salute. La Legge n. 447/95 si occupa di prevenire l’inquinamento da rumore, imponendo alla pubblica amministrazione la responsabilità di proteggere la salute e il benessere collettivo. In questo contesto, i cittadini possono chiedere tutela solo quando i loro interessi coincidono con l'interesse pubblico.
Ogni Comune è tenuto a predisporre regolamenti che stabiliscano limiti precisi per le emissioni sonore, sia provenienti da fonti fisse che mobili. Questi regolamenti si applicano anche al Comune stesso quando autorizza manifestazioni pubbliche.
Ma cosa succede se il rumore prodotto supera tali limiti?
Nel 2024, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18676, ha affrontato il tema del disturbo della quiete pubblica.
La sentenza stabilisce che, nel caso di eventi pubblici che generano un rumore eccessivo e prolungato, il Comune può essere chiamato a risarcire i cittadini per il disturbo della quiete pubblica. Questa decisione si basa sul principio che il diritto al riposo e alla salute dei residenti non può essere sacrificato, nemmeno in nome di iniziative di interesse pubblico.
In pratica, se un evento organizzato dal Comune provoca disturbi superiori alla "normale tollerabilità", il Comune può essere ritenuto responsabile dei danni causati e può essere condannato al risarcimento del danno, così come al "facere" necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità. Questo principio si fonda sul concetto giuridico del “neminem laedere”, cioè il dovere di non arrecare danno agli altri.
Anche le manifestazioni autorizzate, quindi, devono rispettare i diritti fondamentali dei cittadini, compreso il diritto alla quiete e al riposo.
La sentenza della Corte ha chiarito che, sebbene le emissioni sonore rispettino i limiti legali, possono comunque essere considerate intollerabili a seconda del contesto. Ogni caso deve essere valutato tenendo conto di fattori come la tipologia del quartiere, gli orari degli eventi e le abitudini della comunità locale.
Pertanto, se un cittadino può dimostrare che il rumore ha superato la soglia della normale tollerabilità e ha causato danni alla sua salute o al suo benessere, il Comune potrebbe essere chiamato a risarcirlo. La semplice autorizzazione amministrativa per l’organizzazione di un evento non esonera l’amministrazione comunale dalla responsabilità di garantire la quiete pubblica.
In sintesi
Gli spettacoli e gli eventi in piazza rappresentano momenti di aggregazione e intrattenimento, ma devono essere organizzati nel rispetto del diritto al riposo dei cittadini.
Se il rumore diventa molesto e insostenibile, i residenti hanno il diritto di chiedere un risarcimento per i danni subiti. La sentenza della Corte di Cassazione del 2024 stabilisce un precedente importante, imponendo alle amministrazioni locali un'attenta gestione delle emissioni sonore per tutelare il benessere della comunità.
In collaborazione con:
Studio Legale Associato Franciosa – Passini
Viale Mazzini, 123
00195 Roma
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