I dipendenti hanno sempre diritto di accedere ai propri dati personali
20/11/2019
In ambito lavorativo, l’acquisizione dei dati personali del lavoratore è sempre necessaria, dato che il datore di lavoro ha bisogno di utilizzare i dati del suo dipendente, per la gestione del rapporto di lavoro.
Tutti i dati dell’interessato, ancor più dopo l’entrata in vigore del Regolamento UE 679/2016 (GDPR), sono meritevoli di tutela e garanzia.
Si tratta di un assunto ribadito a chiare lettere anche dal Garante per la Privacy.
In questo senso, per i dipendenti è previsto il diritto di poter accedere ai propri dati personali, secondo quanto disciplinato dall’art. 15 del GDPR, che riprende e amplifica i principi dettati dalla precedente normativa in materia di Privacy (art.7 del D.Lgs. 196/2003).
Per quanto riguarda i dati valutativi, è emblematico un recente caso affrontato dalla Corte di Cassazione riguardo a un contenzioso tra un dipendente e l’istituto di credito presso il quale lavorava.
A seguito di un provvedimento disciplinare il dipendente aveva chiesto l’accesso ai suoi dati personali, ottenendo un parziale diniego, sulla base di un asserito diritto di protezione dei dati aziendali. Ne nasceva un contenzioso che dava ragione al dipendente e che finiva davanti ai Giudici di legittimità.
Secondo la banca, il diniego di esibire gli atti era giustificato dal fatto che con l’accesso ai documenti contenuti nei sistemi di archivio si sarebbe corso il rischio di violare la tutela della riservatezza e della privacy, sia dell’azienda stessa, sia di possibili soggetti terzi.
Con l’ordinanza n. 32533/2018 la Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla banca confermando
il provvedimento del Garante della Privacy e del Tribunale di Roma, che ordinava alla banca di esaudire le richieste di accesso agli atti del dipendente erano corretti.
La Cassazione ha ritenuto che il diritto di accesso del lavoratore dipendente ai propri dati personali e valutativi deve prevalere sulle esigenze di riservatezza e privacy invocate del datore di lavoro.
La Cassazione rilevava come, di fronte ad un contrasto fra reciproci diritti alla Privacy, fosse onere della banca di oscurare o espungere dai documenti i dati di sua pertinenza, senza ricorrere illegittimamente al rifiuto tout court.
Il diritto di accesso, infatti, funge da strumento di tutela del soggetto interessato, garantendo a questi di accedere ai dati personali verificando la natura e portata del trattamento e di difendersi in caso si rilevi un loro uso illegittimo oppure, come nel caso di specie, di esercitare il diritto di difesa di fronte a una sanzione disciplinare.
Si tratta di principi basilari che non tendono alla mera garanzia dei dati personali e al libero accesso da parte dell’avente diritto ma anche alla garanzia del diritto di difesa previsto dalla costituzione.
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Studio Legale Potenza
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