Sorvegliare i collaboratori domestici con una telecamera: si può?
Colf e badante possono negare il consenso
Chi accoglie nella propria casa badanti e collaboratori domestici si pone spesso la domanda se è possibile videosorvegliare queste persone, nello svolgimento delle loro mansioni, per ragioni di sicurezza delle persone assistite o dei beni contenuti all’interno dell’abitazione.
La risposta è positiva ma, per poter mettere una telecamera in casa, è necessario rispettare alcune regole a tutela della privacy delle persone coinvolte.
Qui di seguito alcune indicazioni sulle norme e su cosa bisogna fare in concreto.
Il tema della videosorveglianza nei luoghi di lavoro è disciplinato innanzitutto dallo Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970).
L’articolo 4 consente l’utilizzo di impianti audiovisivi di sorveglianza solo per esigenze organizzative, prevenzione, sicurezza e per la tutela del patrimonio aziendale.
Il tutto purché prima ci sia un accordo con le parti sindacali e la contestuale informativa ai lavoratori.
La Corte Costituzionale ha chiarito che il lavoro domestico si differenzia da qualsiasi altra tipologia di rapporto di lavoro, in quanto non è prestato a favore di un’impresa che ha un sistema di lavoro organizzato, con possibilità di ricambio o di sostituzione di soggetti, bensì all’interno di un nucleo familiare ristretto ed omogeneo.
Per questo sarebbe da considerarsi legittima una disciplina speciale che va a derogare quella generale.
Dunque, quanto stabilito dallo Statuto dei Lavoratori non dovrebbe applicarsi anche a chi lavora come badante e come lavoratore domestico (sentenza n. 585/1987).
In base a quando precisato dalla giurisprudenza, e considerato che non ci sono divieti relativi alla videosorveglianza in casa, l’installazione di telecamere all’interno delle abitazioni è legittima, anche per controllare colf e badanti.
Il limite è il rispetto, in ogni caso, della normativa sulla privacy.
Il proprietario di casa e datore di lavoro deve necessariamente informare chi svolge il lavoro di badante o di collaboratore domestico che in casa c’è un sistema di videosorveglianza e ottenere il preventivo consenso al trattamento dei dati.
Inoltre deve garantire che i dispositivi di videosorveglianza non siano installati nelle aree personali come, per esempio, eventuali camere da letto assegnate ai collaboratori e servizi igienici in uso agli stessi.
Pertanto il collaboratore domestico o la collaboratrice domestica, prima di iniziare a lavorare in luoghi sottoposti a videosorveglianza, deve dare il suo consenso alle riprese.
Occorre, inoltre, che vengano indicati per iscritto:
- la presenza di telecamere nell’appartamento, la loro posizione e la relativa area di ripresa;
- la finalità del trattamento dei dati;
- il soggetto titolare del trattamento dei dati;
- la modalità di conservazione dei dati;
- i tempi di conservazione del materiale registrato.
Il lavoratore oggetto delle riprese ha anche il diritto di chiedere ed ottenere l’accesso ai dati e di verificare le modalità di conservazione degli stessi.
In collaborazione con:
Studio Legale Spagnuoli
Piazza F. Guardi 11
20133 Milano
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